La paura d’incontrare davvero sé stessi. È uno degli appunti che mi sono segnata dopo aver letto “QUANDO CAMMINO CANTO Il cammino come esercizio di trasformazione”, di Maria Corno. Ho segnato questa frase insieme a molte altre: tanti passi a piè lento e insieme sospinto che permettono di arrivare alla stessa, mutevole meta. Quel sé stessi che sempre cerchiamo e che ci accorgiamo essere, appunto, oggetto costante di mutamento, di trasformazione. Non ho ancora avuto il piacere d’incontrare Maria per chiederle: di quale paura ci si libera davvero durante un cammino? Intendo qui l’atto fisico di camminare, d’imboccare un antico (o nuovo) tracciato da disegnare e ridisegnare a piedi. Sono tante in realtà le domande che le vorrei porre e – presto – ne avrò occasione:

Mentre scrivo provo ad ascoltare qualche canto tradizionale ebraico, partendo da una playlist su Spotify. Questo perché il cantare del titolo non è una semplice metafora: Maria Canta, quando cammina. Non sempre, non per forza. Ma ci sono tratti di strada in cui, oltre allo zaino sulle spalle e ai cerotti sulle vesciche, le immancabili calze di ricambio e il suo frammento di quarzo citrino, è proprio il canto a farle compagnia. Non penso che durante la presentazione di mercoledì 15 novembre, presso il polo UNIMONT a Edolo, l’autrice si metterà a cantare. Ma, se così fosse, ne sarei felice.

Apro e chiudo una mia piccola parentesi. Me ne prendo il diritto in virtù del fatto che “Quando cammino canto” è un libro fortemente intessuto di vita. E la vita, così come emerge dal testo, è un grande mosaico d’istanti. Istanti che si trasformano in aneddoti. Non faccio nomi, non voglio tradire la fiducia di chi ha vissuto con me queste vicende. Ma ricordo un paio di momenti in cui quest’estate, in Armenia, il canto di temi antichi, melodie intrise di ogni possibile significato, ha riverberato tra le pietre chiare dei monasteri. Istanti che varcano le soglie dell’Infinito.

il selvatico, la bellezza, l’amore. Non c’è salute senza di essi.”

Maria Corno

Momenti estremi, in cui se ci fosse stato un Battiato avrebbe vissuto una delle sue folgorazioni. Io ovviamente non sono il Maestro e nemmeno una camminatrice provetta. Ma la digressione mi serviva proprio per stare sul tema: la potenza della voce umana che entra in contatto con quanto la circonda e ci si unisce, amplificando Bellezza. Ecco, penso che camminare, da come ho inteso il libro di Maria Corno, sia anche questo: mettersi in relazione con l’Universo. E con quest’aspetto – universale, appunto – siamo tutti più o meno in grado di empatizzare. Di relazionarci.

Così lungo la via Francigena, in cammino verso Santiago, scarpinando leggeri su antiche vie carovaniere, collegando le propaggini d’Italia con le suggestioni delle coste turche. O addentrandosi nel profondo. Fino alla fine del mondo, oltre Santiago. A cercar conchiglie e riparo interiore dalla necessità di porre fine ad un accadimento tanto semplice quanto glorioso. Quell’essersi messi in cammino, che oggi rappresenta – non a caso – anche una scelta rivoluzionaria.

Per tempi, modi e intenzioni: vissuta con l’autenticità necessaria al fine di sorpassare le mode, il semplice trekking, il mordi e fuggi del turista distratto o troppo preso dalla meta e troppo poco dallo spostamento. Leggendo, mi sono ritrovata persino in Giappone, girando in tondo per tornare – più centrata – al punto di partenza. Pellegrinaggio? Anche. Finché è alla nostra Anima che rendiamo omaggio, santificandola con la potenza dell’incontro. Con l’apertura all’altro, al Fato, a ciò che non sta scritto che sulla polvere della strada.

Il Cammino mette in movimento le storie. Ognuno porta e svolge la propria, passo dopo passo.”

Maria Corno

Camminare, dunque. Aprendosi agli angeli che, laicamente o misticamente, s’incontrano lungo il cammino stesso. Alle coincidenze, che coinvolgono il genius loci del posto che si sta attraversando, oppure i suoi abitanti. O, magari, altri camminatori. Persone, volti e voci che si possono incontrare solo lungo la via, non a caso dai più ritenuta metafora di vita. Il cammino: una forma di meditazione, un’espressione di preghiera interiore, uno strumento potentissimo per rispondere alle necessità del proprio benessere. Fisico e mentale, ma anche – perché no?! – spirituale.

Sono felice d’incontrare Maria domani, di poterla intervistare al termine della presentazione. Di accogliere il tono entusiasta della sua voce. Anche quando, semplicemente, da ferma, parla. Immaginandola però sempre e ancora in movimento. Alla ricerca, forse, della ricerca stessa. Una quête che ci porta, per definizione, fuori dalle nostre quattro mura. Fossero anche bastioni mentali, o le siepi fortificate del nostro giardino. In compagnia o in solitudine, lungo le strade del mondo.