Tutto parte da un’emozione. Giusta o sbagliata che sia, l’emozione si pone, nella maggior parte dei casi, alla base dell’espressività dell’artista. Che poi l’artista scelga di declinare la propria creatività in musica, parole, bombolette spray o altre forme di rappresentazione del mondo, questo è affar suo. Quello che non sapevo è che anche alla base della cucina, della scelta degli ingredienti e della loro trasformazione in cibo, ci può essere un’emozione.
Non è facile parlare di Irene, la finalista di MasterChef Italia ospite venerdì scorso al secondo evento di C6?! Young in Valle Camonica. Non è facile perché Irene Volpe è tante cose tutte insieme, riunite nel caleidoscopio colorato che trova spazio nella sua testa e sfumature nei suoi capelli. Irene è, prima di tutto, giovane e come tutti i giovani è portatrice sana di sogni. La differenza tra chi i sogni li guarda e li tiene chiusi in un cassetto della propria mente e chi invece li rende liberi di esprimersi nella quotidianità anche lavorativa si può riassumere in una sola parola: coraggio.

Il coraggio ha, a sua volta, tanti modi di esprimersi e di sicuro non sta a me parlarne. Lo tiro in ballo in questo post solo perché di coraggio si parla, quando una ragazza che sta combattendo con un disturbo del comportamento alimentare è tanto coraggiosa da tuffarsi in più cose, tutte insieme e tutte bellissime. Irene è alta “come una pertica”, come diremmo noi della Valle Camonica e allo stesso tempo è sottile come un giunco. Del giunco ha anche la capacità di piegarsi ai venti estremi della vita, senza però spezzarsi: né dentro, né fuori.
Parlandole durante l’evento è emersa una persona poliedrica (canta, che cucina l’abbiamo già detto e disegna pure), una persona che non ha paura a salire su un palco per raccontare la sua esperienza di fronte ad un prato carico di aspettativa. Proprio perché la platea di venerdì pomeriggio era formata essenzialmente da giovanissimi (12-20 anni), arrivati in bici, un po’ stanchi ma curiosi, la sua testimonianza ha avuto ancora più valore.

Mi sento di scrivere qualche parola su quest’incontro – senza soffermarmi sull’evento o sul progetto in sé, perché non è questa la sede giusta per farlo – perché non succede poi tanto spesso. Mi spiego: non è cosa poi troppo comune incontrare una persona con una storia da raccontare e che questa persona con delicata fermezza ti metta in mano la matassa ordinata dei suoi pensieri. Razionalità ed emotività, due metà del cervello, due modi di vivere e due prospettive per interpretare il mondo che ci circonda. Si è razionali quando si capisce che una passione ha basi tanto solide da poterla chiamare “lavoro”; ma ci vuole una grande intelligenza emotiva per riuscire a trasformare la componente di un problema in un sogno da inseguire.
Alla base di ogni piatto, questa ragazza straordinaria mette l’espressione di un’emozione. Immagino la sua rabbia, la gioia, la curiosità, la tristezza e l’entusiasmo mettersi in dialogo con zucchine, carote, pesche, nocciole tritate. E di dialogo alla fine sempre si tratta: che sia scritto, cantato, disegnato o cucinato, il racconto di quanto abbiamo dentro di noi è un modo per entrare in contatto con ciò che ci circonda. Per portare fuori dal nostro “di dentro” tutti i colori che fanno parte della nostra persona. Belli o brutti che siano, giusti o sbagliati che siano, per estrarli da quel sottosuolo del nostro essere servono pazienza, creatività, dedizione. Ma soprattutto, serve coraggio. A nome di chi lotta ogni giorno con le emozioni e cerca la strada migliore per esprimerle, GRAZIE, coloratissima e fortissima Irene!